lunedì 7 gennaio 2013

SCIENZA VEDICA E SCIENZA MODERNA



  1. “STRUTTURA DELLA SCIENZA MODERNA E  DELLA SCIENZA VEDICA DI MAHARISHI”

     DR. IOR GUGLIELMI – VERONA


    Ciò che più ha caratterizzato e caratterizza l’epoca  moderna è certamente il pensiero scientifico, il modo oggettivo e sistematico per ottenere conoscenza.
    E’ grazie allo sviluppo della scienza se l’uomo è riuscito a produrre una rivoluzione enorme, non soltanto nella comprensione dei meccanismi di funzionamento della natura, con conseguente miglioramento delle condizioni di vita, ma anche e soprattutto nella sua propria coscienza.
    In questo quadro generale di sviluppo della scienza e della tecnologia moderna,abbiamo però ripetutamente assistito a ripensamenti, ad errori di interpretazione, all’essere costretti a cambiare le conclusioni perché non più in grado di inserirsi armoniosamente in una visione più ampia.
    In questo senso noi parliamo del cammino della scienza, un cammino che, sebbene non ci abbia condotti ancora alla meta, resta comunque il solo percorribile a causa della sistematicità ed attendibilità del suo strumento per dare conoscenza.

    Nessuno può e potrà mai dubitare di ciò anche se, con l’avvento della Scienza Vedica Maharishi, saremo costretti a rivedere alcuni punti di vista considerati fin troppo attendibili e stabili dalla scienza moderna. Questo però non deve spaventare il lettore perché ciò facendo non saranno cambiate le regole del gioco, come vedremo, ne perché questo esempio è nuovo nella storia della scienza ( vedi la rivoluzione Copernicana). Ciò che viene chiesto, però, è che la scienza moderna non cambi lei stessa le sue stesse regole al solo fine di sostenere il proprio punto di vista. A questo scopo è bene precisare la differenza esistente tra scienza e conoscenza. Tale differenza consiste principalmente nel fatto che la conoscenza può cambiare (es. la conoscenza della relazione tra il sole e la terra analizzata con i sensi o con l’intelletto differisce totalmente) mentre la scienza o conoscenza scientifica, dovrebbe esprimere verità che siano sempre attendibili, che non deludano mai, sempre e comunque “vere”.
    Se restiamo nel campo specifico della scienza moderna vediamo che si manifestano alcune incongruenze, per esempio, in campo medico assistiamo che mentre da un lato combattiamo una malattia, dall’altro ne produciamo altre (effetto collaterale del farmaco). Nella fisica  e nella chimica moderne noi assistiamo si all’avanzamento della tecnologia e del benessere che ne consegue, ma contemporaneamente creiamo fenomeni di inquinamento dell’ aria, degli oceani e della terra tali che sembrano minare irrimediabilmente il nostro pianeta e la nostra vita su di esso. Certo, si può senz’altro affermare che ciò non è imputabile alla scienza come tale, ma all’uso che l’uomo ne fa di tale scienza, ma una scienza che non sia in grado di conoscere e prevenire questo cattivo uso di se stessa, è senz’altro una scienza incompleta, in quanto incapace di preservare la vita nella sua interezza.
    Questo punto di vista, l’incompletezza, lo ritroviamo anche partendo da un’altra angolazione. Perché infatti, ci sia conoscenza, è indispensabile che i tre elementi di conoscitore, mezzo di conoscenza e oggetto si mettano insieme, da ciò inizia la sperimentazione.
    Ora poiché la scienza moderna, a causa dell’oggettivazione stessa del metodo scientifico, tende ad escludere il conoscitore dal processo, in quanto strumento inquinante l’esperimento e quindi il risultato, essa può al massimo fornire conoscenza completa dell’oggetto, cioè, di un terzo della conoscenza totale, (la conoscenza totale deve infatti conoscere interamente il soggetto, l’oggetto e il mezzo di conoscenza).
    Se è vero che la verità  non può mai essere nascosta completamente, allora deve essere vero che essa deve manifestarsi sempre e comunque ovunque, anche nell’approccio oggettivo della conoscenza proprio della scienza moderna. Ciò lo troviamo nella meccanica quantistica, là dove sembra essere evidente, a causa del principio di indeterminazione, che lo sperimentatore modifica l’oggetto di conoscenza nel momento stesso in cui lo osserva, per cui si parla di probabilità di trovare o meno la particella cercata  o che un fenomeno fisico-chimico avvenga. È a causa di ciò se Einstein stesso si dissociò dalla teoria dei quanti perché secondo lui “Dio non gioca a dadi”.
    Come però all’inverno segue l’estate e alla notte il giorno, alla scienza moderna segue la scienza vedica di Maharishi.
    Ciò che resta difficile da capire in questo trapasso, non è il metodo scientifico, che resta inalterato, ma che dall’approccio oggettivo della scienza moderna si passi a quello soggettivo della scienza vedica Maharishi, cioè un’inversione di 180 gradi che sembra scardinare secoli di lavoro fruttuoso.
    Potremmo però capire come questo sia possibile solo analizzando le principali differenze dei due sistemi, moderno e Vedico, per ottenere conoscenza e dall’attenta e dettagliata reinterpretazione dei Veda operata dal genio di Maharishi.
    Infatti secondo la scienza moderna il sistema soggettivo di ottenere conoscenza non può essere considerato attendibile a causa delle molteplici variazioni inerenti allo stato del conoscitore. Tali variazioni possono colorare la conoscenza ottenuta in conformità del credo religioso, politico, economico dello sperimentatore, per cui è molto difficile arrivare a delle conclusioni simili. Se però, secondo la scienza moderna, noi potessimo tener isolato il conoscitore dall’oggetto di conoscenza così che esso non interferisca con la sua soggettività, potremmo dire di ottenere conoscenza oggettivamente vera. E’ a causa di ciò, se anche nel parlare comune, verità ed oggettività diventano sinonimi. Infatti per rafforzare l’idea di verità diciamo ‘oggettivamente vero’.
    Come dicevamo poc’anzi, è senz’altro vero che il conoscitore possa inquinare con la propria soggettività l’oggetto di conoscenza, ma è vero perché da secoli l’uomo è stato privato dell’esperienza di un “livello” di conoscenza del conoscitore (identico per tutti gli uomini) sempre uguale, sempre puro, sempre non coinvolto. È ovvio a questo punto supporre, che se esistesse un tale stato di coscienza, l’esperienza dell’oggetto sarebbe sempre uguale, indipendentemente dallo spazio, dal tempo e dal conoscitore stesso in quanto più conoscitori ne riporterebbero la stessa esperienza. In altre parole la pura soggettività può diventare uno strumento valido per avere conoscenza. Se ciò fosse vero il problema verrebbe ora spostato interamente sull’ esistenza o meno di un tale stato di coscienza. Ed è qui che cade la scienza moderna, e cade perché improvvisamente l’esistenza di uno stato di coscienza puro diventa una questione di fede e non di esperienza, mentre, se fosse totalmente coerente con i suoi stessi canoni su ciò che sia o non sia scientifico (è scientifico ciò che è verificabile attraverso esperimenti ripetibili) dovrebbe allestire un laboratorio, usando la tecnologia della scienza vedica, la Meditazione Trascendentale, e verificare su larga scala se più soggetti abbiano o meno tale esperienza e confrontare come essi descrivano l’oggetto in questione sulla base di un tale stato di coscienza.
    È qui che il Veda (letteralmente conoscenza suprema) mostra la sua scientificità, è qui che Maharishi ha mostrato il suo genio. Uno degli aforismi fondamentali della Scienza Vedica Maharishi afferma infatti che la conoscenza è strutturata nella coscienza. Ciò è intrinsecamente vero per ogni processo di conoscenza. Infatti, perché ci sia conoscenza, ci deve essere in primo luogo coscienza, consapevolezza di ciò che si desidera conoscere. Ora, poiché la conoscenza è strutturata nella coscienza e poiché noi sperimentiamo innumerevoli stati di coscienza (vedi per esempio gli innumerevoli stati d’animo del soggetto) è ovvio concludere che per avere conoscenza stabile dobbiamo per prima cosa rendere stabile la coscienza del conoscitore.
    La tecnica della  Meditazione Trascendentale serve a tale scopo. Essa porta infatti la consapevolezza dello sperimentatore dagli stati diversificati dell’oggetto via via verso valori più sottili, ma sempre diversificati del pensiero o delle emozioni, fino a raggiungere quello stato di unità non differenziata al di là del valore più sottile. Questo coincide con la consapevolezza della  consapevolezza, non in un rapporto diversificato, ma nella completa unificazione dei tre, ovvero del conoscitore, del mezzo di conoscenza e dell’oggetto di conoscenza.
    Ciò è reso possibile a causa della proprietà intrinseca della coscienza di conoscere, poiché può conoscere, può conoscere sé stessa interamente senza il tramite di un agente esterno. Qui la coscienza è pura, o se volete, è solo coscienza senza niente altro, senza pensieri, senza colori. Questo termine non è religioso o metafisico, ma è un termine scientifico perché esprime un’esperienza accessibile a chiunque purché segua la tecnologia adatta. È qui che conoscere una cosa equivale ad essere quella cosa, è qui che avviene il superamento della Scienza Moderna da parte della Scienza Vedica.
    Superamento nel senso di maggior completezza in quanto l’unificazione dei tre (conoscitore, mezzo ed oggetto di conoscenza) produce risultati molto interessanti.
    Per esempio colui che studia medicina e conosce tutto della malattia, nella Scienza Moderna resta libero di ammalarsi, nella Scienza Vedica completamento libero dalla malattia. O, come nel caso della fisica moderna, dove sebbene lo scienziato conosca alla perfezione la meccanica della creazione non  per questo lui stesso è in grado creare. Al contrario, nella Scienza Vedica, il conoscitore del campo quantico diventa il campo quantico stesso con tutte le qualità del campo stresso, e cioè è  in grado di creare a piacere.
    La Scienza Vedica di Maharishi è dunque la scienza della coscienza, la scienza della struttura insieme integrata e diversificata della coscienza, dove ogni conoscenza è la sua propria tecnologia e dove ogni tecnologia  la sua propria scienza.
    Veda come abbiamo detto significa conoscenza suprema o conoscenza completa  e poiché la conoscenza è strutturata nella coscienza, il Veda diventa automaticamente la scienza  completa della coscienza (ogni conoscenza infatti non può prescindere dalla coscienza perché questa è il contenitore, è la base stessa della conoscenza). Ora, se il Veda è lo studio della coscienza e se nella Scienza Vedica di Maharishi soggetto, oggetto e mezzo di conoscenza coesistono e sono uno nello stato di pura conoscenza o pura coscienza, allora anche qui è d’obbligo l’eguaglianza: Veda uguale coscienza. Il Veda è la coscienza e la coscienza è il Veda.
    A causa di ciò il Veda non è un libro, non è filosofia indiana, ma è la nostra stessa coscienza, o se volete è nella nostra stessa coscienza. Lo scopo della Scienza Vedica Maharishi è far si che ognuno familiarizzi con la conoscenza della meccanica di auto interazione della sua propria coscienza, con la conoscenza di come, in questa meccanica della coscienza, sia insito il seme della diversificazione e di come questa conoscenza non sia altro che la sua propria coscienza.  L’uomo godrà così la piena padronanza  della legge naturale e del cambiamento, e potrà elevarsi al di sopra di quest’ultimo per una vita nello stato di beatitudine eterna nella coscienza autoreferente.
    Il fine di ogni corrente di conoscenza, di ogni religione, di ogni filosofia, di ogni desiderio dell’uomo nato su questo pianeta sarà così realizzato.
    Nella sua Scienza Vedica, Maharishi spiega nei dettagli sia le dinamiche di autointerazione della coscienza, sia l’emergere della diversificazione e dell’infinita varietà della creazione da questo stato unitario. Una delle cognizioni più importanti di Maharishi è stata da lui espressa nel suo APAURUSHEYA BHASHYA, letteralmente commentario non creato, nella perfezione dello sviluppo sequenziale del Veda, per cui non è possibile pensare ad un ulteriore commento esterno al Veda stesso. È a causa di ciò che il Veda è andato perduto nel tempo. E’ andato perso per il fatto che qualcuno ha pensato di dover interpretare e spiegare il Veda implicando con questo la sua non completezza e che qualcosa doveva essere aggiunto.
    Un’altra cognizione di Maharishi, certamente altrettanto importante della prima, è stata quella di riportare alla luce una tecnologia, la meditazione trascendentale, in grado di permettere al conoscitore di avere l’esperienza diretta della pura coscienza e delle sue meccaniche di autointerazione. Ogni conoscenza intellettuale deve essere infatti sostenuta dall’esperienza e viceversa.
    Queste due cognizioni formano insieme la base della Scienza Vedica Maharishi, esse sono inseparabili quindi, anche se noi qui ci addentreremo prevalentemente nella prima.
    Abbiamo detto che nella nostra esperienza quotidiana noi verifichiamo che per conoscere qualcosa bisogna necessariamente portarvi l’attenzione sopra. Questo meccanismo implica che per conoscere bisogna essere coscienti. Comunemente noi sperimentiamo quindi che per conoscere ci deve essere un conoscitore che conosca, un mezzo attraverso il quale conoscere (es. vista, udito, etc.) ed un oggetto che si voglia conoscere. L’unione di questi tre è sempre e comunque necessaria affinché qualsiasi conoscenza avvenga, anche la dove la coscienza, per virtù di essere coscienza, conosce solo sé stessa. Questa proprietà è prerogativa sola ed unica della coscienza, cioè quella di poter conoscere sé stessa senza alcun tramite esterno. Ora quando la coscienza conosce la coscienza attraverso la coscienza (struttura tre in uno della coscienza) noi la chiamiamo pura coscienza. Cioè non vi è altro che coscienza, cioè la coscienza è pura. Nel linguaggio del Veda lo stato di pura coscienza o stato integrato dei tre viene chiamato SAMHITA di RISHI, DEVATA e CHHANDAS, stato integrato del conoscitore, mezzo ed oggetto di conoscenza rispettivamente. La qualità integrata del valore autoreferente della coscienza è secondo Maharishi, il principio fondamentale del funzionamento della natura e viene descritto nei dettagli nel primo dei 4 Veda principali, il RIG VEDA SAMHITA. Gli altri tre Veda SAMA, YAJUR e ATHARVA elaborano la qualità integrata della coscienza autoreferente dal punto di vista del conoscitore o RISHI, del mezzo o DEVATA e dell’oggetto CHHANDAS.
    Ora, se noi ci poniamo come conoscitori esterni della coscienza che si auto conosce, è ovvio che creiamo una dualità ed è ovvio che ci possono essere punti di controversia. A causa di ciò sono nati i commentari ai Veda, a causa dei commentari la debolezza, per così dire, del Veda. Ma se noi “diventiamo” la coscienza che si auto conosce, la pura coscienza, attraverso quel principio fondamentale della natura, il valore di autoreferenza, per cui non oggettivizziamo la conoscenza come facciamo comunemente, ma la soggettivizziamo, e conosciamo la coscienza come essa  conosce sé stessa (perché noi ora siamo coscienza autoreferente), allora ciò che scopriamo è il Veda stesso nella nostra stessa coscienza, allora siamo noi il Veda e il Veda che conosciamo, nel suo stesso linguaggio, si presenterà in quella stessa sequenza in cui lo troviamo oggi rappresentato nei testi Vedici dell’India. A questo punto la sequenza delle parole del Veda, tra le altre cose, diventa molto importante, perché essa esprime la meccanica perfetta attraverso cui la coscienza conosce sé stessa e nel fare ciò, si diversifica, perché conosce valori sempre più particolareggiati della sua propria natura. A causa di ciò Maharishi afferma che non possono esistere commentari al Veda in quanto la seconda lettera della prima parola del Veda è già un commento della prima, così come la terza delle prime due, la seconda parola della prima, il secondo verso del primo, il secondo inno del primo etc.
    Nel Veda Lila, letteralmente il gioco del Veda, la creazione del Veda, Maharishi ci presenta nei dettagli come tutta la letteratura Vedica, non solo i 4 Veda principali, emerga dalla natura autoreferente della coscienza, dal SAMHITA di RISHI, DEVATA e CHHANDAS. Infatti essendo tutti Veda coscienza, ogni Veda conosce pienamente sé stesso e gli altri, in quanto ognuno è incessantemente, costantemente ed eternamente trasformato in ogni altro a velocità infinita.
    La base di questa trasformazione sta nell’esperienza stessa dello sperimentare. Infatti quando noi sperimentiamo qualcosa, esempio un fiore, la nostra coscienza assume le qualità di quel fiore così che noi ne abbiamo esperienza. Allo stesso modo la coscienza pura che conosce il suo proprio valore di RISHI diventa RISHI. C’è una trasformazione del carattere della pura coscienza nel carattere del RISHI. A causa di ciò la coscienza che osserva i suoi stessi valori differenziati di RISHI DEVATA e CHHANDAS, le loro reciproche relazioni, le relazioni tra le relazioni, etc., etc., diventa o assume i diversi valori di tutte le aree della letteratura Vedica. Cioè a causa della progressione sequenziale delle relazioni della coscienza nella e con la coscienza, tutti gli aspetti della letteratura Vedica emergono di concerto. Il processo della differenziazione è della manifestazione può essere spiegato solo dalla Scienza Vedica ed è inerente alla struttura tre in uno del SAMHITA di RISHI, DEVATA e CHHANDAS, eternamente viva nello stato di coscienza trascendentale o pura coscienza di ognuno. La scienza moderna qui non ha voce in capitolo in quanto è orientata verso il sistema oggettivo di ottenere conoscenza e quindi necessita del mantenimento della separazione soggetto e oggetto, o in altre parole della dualità.
    Poiché ogni conoscenza ha il suo proprio potere organizzativo, così è anche per la conoscenza Vedica. Tra le varie espressioni del potere organizzativo inerente alla struttura della pura conoscenza o pura coscienza, ve ne sono alcune che rivestono un carattere estremamente pratico per l’uomo d’ogni tempo. Queste sono le aree che trattano lo sviluppo di stati più elevati di coscienza e la ristrutturazione dell’esperienza della pura coscienza, il SAMHITA, al livello materiale della vita, cioè là dove non sembra essere possibile alcuna unificazione per la troppa diversificazione. La ricerca di uno stato unificato della creazione è anche oggetto di studio da parte della scienza moderna, in particolar modo della fisica.
    Nella Scienza Vedica però l’unificazione non riveste un valore puramente speculativo come nella scienza moderna, ma è foriera di perfezione per l’uomo e per ogni area di interesse dell’uomo.
    Se la coscienza pura è uno e tre simultaneamente, allora nella struttura della pura coscienza, dell’uno, troviamo il seme della diversità, il tre. Ma la coscienza è uno e tre simultaneamente a livello della pura coscienza, non nei normali stati di coscienza di veglia, sonno o sogno. In questi stati infatti la “visione”, come tutti sperimentiamo, è diversificata, è duale, e nessuno sforzo intellettuale potrà mai farci apprezzare l’unità che sottostà ogni diversificazione a causa di ciò che abbiamo discusso fino ad ora, ovvero il principio di oggettivazione della conoscenza nella scienza moderna.
    Quando però la dualità predomina nella nostra visione del mondo, il potere organizzativo della pura conoscenza o pura coscienza ripristina il suo stato unitario con l’aiuto di discipline specifiche (questo è solo un modo di dire, in quanto sappiamo che la conoscenza è la sua propria tecnologia e che in realtà non vi è alcuna separazione tra le due). Tali discipline sono le aree applicate della Scienza Vedica Maharishi per ricondurre ogni uomo a quell’eterna coscienza di Unità sua propria, coscienza di Unità che è andata perduta a causa della mancanza di tecnologie in grado di ristabilire l’esperienza della pura coscienza.
    Non possiamo qui analizzare tali campi di conoscenza nei dettagli, ma ci accontenteremo di comprenderne i principi base.
    Ogni diversificazione, dal punto di vista dell’Unità della pura coscienza, così come la materia stessa, non può essere reale anche se appare esserlo alla luce dell’esperienza quotidiana.  Come può infatti l’uno diventare molti? O meglio, come può l’uno essere molti? Ovviamente non può. 
    Infatti Maharishi afferma che anche nella struttura tre in uno della coscienza pura , il tre, l’aspetto diversificato (Rishi, Devata e Chandas) è solo un concetto, una nozione dell’intelletto creata dalla qualità intelligente della coscienza che ‘vede’ nella sua propria natura pura le tre qualità di conoscitore, conoscenza e conosciuto. E se a questo punto una nozione è alla base del processo di diversificazione e di differenziazione, allora tutto ciò che ne segue è esso stesso una nozione. Che il mondo, con tutta la sua realtà e solidità, sia solo una nozione dell’intelletto, maya o illusione nella Scienza Vedica, non appare ovviamente molto reale e pratico a livello degli stati di  coscienza ordinari.
    E’ a causa di ciò che entrano in gioco gli altri aspetti della Scienza Vedica come l’AYURVEDA, lo STHAPATYA VEDA, il GANDHARVA VEDA, lo JYOTISH, le tecniche YOGA, la Meditazione Trascendentale, etc. per ripristinare la realtà dell’esperienza che tutto è uno, che tutto è solo e soltanto coscienza pura, e per far si che il valore unificato, il SAMHITA, possa essere visto (verbo inappropriato in questo contesto) anche a livello materiale della vita.
    Una metafora può qui venirci in aiuto per chiarire meglio questo punto. Se guardiamo una pianta, la vediamo formata di molti valori diversificati: tronco, rami, migliaia di foglie, fiori e frutti. Se però penetriamo a fondo in ognuno di questi suoi aspetti troviamo solo e soltanto linfa.  E’ la linfa infatti che diventa fiore, ramo, foglia e frutto. Quindi da un punto di vista superficiale la pianta pare essere formata da molteplicità, ma nel profondo è solo e soltanto linfa. La creazione, con tutta la sua magnificenza, molteplicità e diversità, non è altro che pura coscienza autoreferente. Questo è il culmine dell’evoluzione umana e della ricerca scientifica, questo il punto di arrivo di ogni conoscenza, questa è l’immortalità.
    Il filo logico qui sembra quindi suggerire che se l’unità è la realtà ultima e fondamentale, non dovremmo perdere più tempo nel cercare di unificare ciò che di per sé  è già unificato sia alla sua base che nei suoi aspetti manifesti. In altre parole, l’unificazione e l’armonia tra le varie culture, religioni, etnie, modelli economici, sistemi di governo, etc. è reale e possibile solo a questo livello. La Scienza Moderna dovrà diventare Scienza Vedica di Maharishi se vogliamo la pace e la prosperità nel mondo in quanto questa è la sola tecnologia  in grado di acquietare la  mente cosciente di ognuno e portarla all’esperienza della sua propria pura coscienza.

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